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Il muro di Eroma


Il Muro di Eroma.
Chi è? Cos'è? Perchè?
Dopo aver superato le selezioni, Roberta Magliocca ha frequentato un Corso di Scrittura Creativa presso la RAI a Roma, tenuto dall'editor Paola Gaglianone e dallo scrittore Alessandro Salas presso gli studi televisivi di Via Teulada. Contemporaneamente frequenta uno stage presso una nota Casa Editrice di Napoli. Nel Luglio 2012 pubblica il suo primo libro "Interno Giorno", tramite il gruppo editoriale "L'Espresso" e nell'Ottobre 2013, la casa editrice "Pagine" di Roma la sceglie, insieme ad altri 12 autori, per una raccolta di poesie, dal titolo "Impronte", uscita nel Maggio 2014. A fine Luglio 2014 esce una raccolta di racconti dal titolo "Metamorfosi" edita dalla "Edizioni Eiffel" di Caserta, che contiene il suo racconto "Ad occhi nudi". Con alcuni colleghi di Università, nel 2013 fonda il giornale "Eroica Fenice", diventandone Editor nel 2014. Da freelance collabora con periodici, trimestrali web e cartacei, del panorama campano. Per il premio Pulitzer, la fascia di Miss Italia, la scoperta della dieta della Nutella e la pace nel mondo, si sta attrezzando. "Il Muro di Eroma" è una sorta di Zibaldone moderno che contiene articoli, racconti e...
L’isola Parte
Mare, amato mio,
quanto mi costa scriverti questa lettera non sai. Ma queste mie parole sono necessarie come necessarie alle tue onde sono le mie rive. Sono secoli che sono qui. Ma che dico secoli, millenni.  Arturo ha racchiuso in me tutta la sua vita, lasciando fuori dai miei confini il resto del mondo.  E’ grazie a me se Robinson Crusoe ha stretto amicizia con Venerdì. I Dik Dik mi hanno visto negli occhi blu della gioventù. Sono meta di chi immagina la sua solitudine come un tesoro da condividere con la persona giusta. E non ci sono per colui che non vuole crescere mai. Si, insomma. Tutti passano da me, mi scoprono, mi attraversano, mi stuprano. E poi…mi lasciano sola. “Hai i miei continui abbracci”, mi dirai. E’ vero. Ma non mi bastano più. Voglio vedere il mondo. Voglio giocare con gli scoiattoli di Central Park il lunedì mattina, vedere il sole di mezzanotte a Capo Nord, ballare danze gitane con degli zingari andalusi e bere birra per le strade di Berlino. Non voglio più essere lasciata sola. Voglio mischiarmi alla gente. “Hai i miei continui abbracci”, mi ripeterai. Non sempre, amore mio, non sempre. Quando sei calmo, ti accorgi di me appena, con indifferenza. Ho bisogno di altro, di movimento. Non ne posso più di tutta questa staticità. M’inebrierò di te un’ultima volta, poi partirò. Tu avrai altre rive da abbracciare, io altri mari da ammirare. Forse tornerò.                                                                                                    Tua, 
                   Isola
Roberta Magliocca

Biancaneve
Non ho altissima considerazione delle donne. E se sei lì, di fronte a noi, chiusa in quella teca di vetro, è perché di una donna ti sei fidata. Non mi sono mai fidato di voi perché entrate nella vita delle persone e, con gesti gentili e premurosi, la stravolgete. Non hai fatto eccezione tu. Io e i miei sei amici avevamo la nostra vita, prima del tuo arrivo. Un po’ caotica, certamente. L’igiene non ne faceva parte, forse. Abitudinaria, senza dubbio.  Ma era la nostra vita, tranquilla, senza scossoni. La mattina presto, cantando e fischiettando, andavamo a lavoro, in miniera. Tutto il giorno insieme.  Indivisibili. A sera, sempre insieme, tornavamo a casa. Una cenetta improvvisata alla meglio, una briscoletta, il telegiornale della notte, magari una soap opera in tv e a letto. E il mattino dopo, come un copione, una routine che sa di sicurezza, lavoro, miniera, canzoncine, casa, briscoletta, tg, soap, letto. E così, ancora, il mattino dopo. Fino alla sera in cui, appena entrati in casa, ci accorgemmo che qualcosa era diverso. I piatti non erano più dove l’avevamo lasciati, cioè nell’acquaio. Erano nella credenza… puliti. Niente più polvere sui mobili. I vestiti lavati e stesi con cura. Impauriti, perlustrammo la casa ed, eccoti lì, nei nostri letti che riposavi, dopo aver pulito il nostro mondo. Ci chiedesti di ospitarti. Invano tentai di oppormi. Avevi già incantato tutti. E così iniziasti a prenderti cura di noi, giorno dopo giorno, tra una torta di mirtilli e un bagno caldo. Non ero d’accordo. Eppure, a quel bacio del buongiorno, datoci sulla porta di casa ogni mattina prima di andare a lavoro, mi ci stavo abituando. Adesso un po’ mi manca e non sai quanto mi costa ammetterlo. Ho capito che mai più avrei avuto quei baci sulla testa quando, entrando in casa ieri sera, ti ho trovata stesa in terra, addormentata da quella mela avvelenata dalla perfida regina. Ed eccoti qui, adesso, che aspetti il bacio dell’amore vero. Ed eccomi qui, io che non mi fido delle donne, eccomi qui che piango per te, per quel bacio della mattina senza il quale non sarà mai più un buon giorno. Ma io continuo a sperare che, anche senza il bacio del tuo grande amore tu possa risvegliarti e vivere comunque felice e contenta, perché ci sono tante altre cose per le quali vale la pena vivere, anche senza un amore con cui condividerle.
In treno
Da Parigi a Milano. Da una stazione all’altra. Notte fredda. Troppo fredda per una bambina la cui mamma copre con il proprio cappotto per farla dormire il più serenamente possibile lì, nella cuccetta del secondo vagone.  Poco più distanti da loro, quattro occhi, due di fronte agli altri.
-Dove andrai a vivere, Mavy?
-Dove vivrai tu.
- Lo sai che non è possibile; sai che quello che c'è tra noi, per quanto immenso sia, è destinato a finire. Domani scenderò da questo treno. Tu continuerai il tuo viaggio, io mi fermerò.
- Allora spegni il cellulare, Vanny. Dedicami queste ultime ore. E rifammi quella domanda.
-Dove andrai a vivere?
-In un tuo sorriso nostalgico quando, come dici tu, tutto questo finirà. In quella camera d’albergo. In una foto, da mostrare ai tuoi nipoti, rubata alla tua giovinezza. In quella felpa dell'hard rock. Nella data del tuo matrimonio. In quel tuo maglione che ho sporcato di fondotinta. Negli abbracci di spalle. In quel giorno al mare. In quella notte a casa tua. In quelle lacrime a casa mia. In quel cinema dove entrammo a film già iniziato. Odiamo le storie già cominciate. Possiamo raccontarne solo la fine. E allora voglio vivere in questa fine da raccontare. Voglio vivere nel ricordo che avrai di questo quadro folle dalle tinte forti. E' stato amore? Chi può dirlo. E' stato quello che è stato. Dannatamente meraviglioso quanto dannatamente sbagliato. Voglio vivere tra me e te. Tra questo istante che ci vede insieme e la stazione che ci separerà domani.
Da Parigi a Milano. Da lui a lei. Da quello che è stato a quello che mai sarà più.

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