In
treno
Da Parigi a Milano. Da una stazione all’altra. Notte
fredda. Troppo fredda per una bambina la cui mamma copre con il proprio
cappotto per farla dormire il più serenamente possibile lì, nella cuccetta del
secondo vagone. Poco più distanti da loro,
quattro occhi, due di fronte agli altri.
-Dove andrai a vivere, Mavy?
-Dove vivrai tu.
- Lo sai che non è possibile; sai che quello che c'è tra
noi, per quanto immenso sia, è destinato a finire. Domani scenderò da questo
treno. Tu continuerai il tuo viaggio, io mi fermerò.
- Allora spegni il cellulare, Vanny. Dedicami queste
ultime ore. E rifammi quella domanda.
-Dove andrai a vivere?
-In un tuo sorriso nostalgico quando, come dici tu,
tutto questo finirà. In quella camera d’albergo. In una foto, da mostrare ai
tuoi nipoti, rubata alla tua giovinezza. In quella felpa dell'hard rock. Nella
data del tuo matrimonio. In quel tuo maglione che ho sporcato di fondotinta.
Negli abbracci di spalle. In quel giorno al mare. In quella notte a casa tua. In
quelle lacrime a casa mia. In quel cinema dove entrammo a film già iniziato.
Odiamo le storie già cominciate. Possiamo raccontarne solo la fine. E allora
voglio vivere in questa fine da raccontare. Voglio vivere nel ricordo che avrai
di questo quadro folle dalle tinte forti. E' stato amore? Chi può dirlo. E'
stato quello che è stato. Dannatamente meraviglioso quanto dannatamente
sbagliato. Voglio vivere tra me e te. Tra questo istante che ci vede insieme e
la stazione che ci separerà domani.
Da Parigi a Milano. Da lui a lei. Da quello che è stato
a quello che mai sarà più.
Nessun commento:
Posta un commento
inserisci commento